LA DEMOCRAZIA DELEGITTIMATA GUSTAVO ZAGREBELSKY SIANNUNCIA, anzièincorso, una crisi istituzionale di vasta portata. A che cosa sia e a che cosa essa chiami coloro che occupano posti di responsabilità nel nostro Paese, sono dedicate le considerazioni seguenti, esposte in quattro punti concatenati tra loro, dall'astratto al concreto.
1. Che cosa sono e a che cosa servono le istituzioni. Il genere umano ha scoperto le istituzioni per mettere a freno l'aggressività e l'istinto di sopraffazione che allignano in uno pi , in altro meno in ognuno di noi, per diffondere flduciae cooperazione, garantire un p0' di stabilità e sicurezza nelle relazioni umane e proteggere quel tanto dilibertà che è compatibile con la vita associata. Inunaparola:perallontaiiare sempre di nuovo, ancora di tm giorno, le prove di forza che accompagnano, come fantasmi che possono materializzarsi, icontattitragliesseriumani. Le istituzioni servono innanzitutto a questo: a neutralizzare i nostri istinti distruttivi e a civilizzarci. Poiché nel fondo siamo animali selvatici, possiamo anche dire: servono adaddomesticarci, incanalando e indirizzando le nostre energie in strutture, procedure, garanzie e controlli, così trasformandole, da dlistruttive, incostruttive diopere durature.
NOfl sembri eccessivo che, per parlare delle opere e dei giorni delnostro Paese in questo momento, si proceda così da lontano e da fondo, cioè daquestapiccola sintesi del celebre scritto di Sigmund Freud sul disagio della civiltà (1929). E unamessa in guar dia a proposito di ci che accade quando le istituzioni s'indeboliscono o scompaiono, inghiottite dall'ego di coloro che le impersonano de usanoperiloropropri interessi. Oppure ed è lo stesso è un ammonimento circa i pericoli di quando si diffonde l'idea che esse siano impacci, o abbiano tradito la loro funzione e siano diventate semplicemente coperture della lotta politica. In breve, si tratta dello scatenamento delle energie peggiori, che le istituzioni e il senso delle istituzioni non riescono a controllare. Questo è esattamente il nostro rischio, la china su cui siamo messi a causa cli ci che, con un'espressione abusata di cui non si coglie pi la drammaticità, chiamiamo ddegittimaziune . Senza istituziuni, tutto diventa possibile. La prova cli forza pre-politica, cioè fuori delle regole che ci siamo dati per istituzionalizzare il fisiologico conflitto politico, è alle porte.
2. Conflitto pre-politico. Guardiamo quello che accade. Lasciamo da parte i troppi che, come sempre accade, aspettano senza scoprirsi di capire come vanno le cose per schierarsi dalla parte giusta Accanto ai molti indifferenti, presi dell'assillo d'altri problemi, coloro che si sentono parti in causa sono divisi da una frattura che non possono o non vogliono colmare. Da una parte, c'è chi giurerebbe sulla convinzione che è in corso una congiura contro il presidente del Consiglio e la sua maggioranza, condotta con metodi criminosi da oligarchie irresponsabili e magistrature corrotte politicamente, per un fine antidemocratico: contraddire il risultato di libere elezioni e mettere nel nulla la volontà di milioni di elettori. Sul fronte opposto, si giurerebbe sullaconvinzione che, invece, ilmetudo crinhinosu è quello di un presidente del Consiglio che, per evitare di rispondere in giudizio di accuse penali assai gravi e infamanti, vuoi porsi al di sopra della Costituzione e della legge, cambiandole a suo uso e consu mo. Così, due accuse si fronteggiallo: di attentato alla democrazia, da una parte; di attentato allo stato di diritto, dall'altra. Questa spaccatura è pre-politica. Non riguarda il come agire dentro le regole della politica che sono date daliaCostituzione, ma addirittura se starci dentro, o uscirne fuori. Vola, infatti, nei due sensi, l'accusa di tentare una forzatura. Qualcuno parla di golpe , senza rendersi conto di ci che dice o forse rendendosene ben conto. Quando questo veleno entra in circolo, tutto atti e parole che, nella normalità, sarebbero inimm aginabili o apparirebberu disgustose intimidazioni e prepotenze diventa lecito, anche a fini preventivi.
Gli storici diranno di chi è la responsabilità della slasis, del punto morto al quale siamo arrivati. Ma noi ora vi siamo dentro e non possiamo consolarci pensando, ciascuno sulle proprie posizioni, che la storia ci darà ragione. Abbiamo il dovere di districarci nella difficoltà, per noi e i nostri figli, ai quali vorremmo consegnare un Paese pacifico e civile. Non serve a nulla, a questo pun - to, la ricerca della responsabilità originaria. Serve s( do ad attizzare il conflitto. Non serve a nulla lo scambio di accuse tra due fronti che sembrano non ascoltarsi pi . Anzi, serve a scavare ancora il fosso e a dare spazio all'avventura. Nessuno ha da rinunciare alle proprie idee, al giudizio su sé e su gli altri. Ma ora si tratta di prendere atto chelaspaccaturaesiste come dato , come cosa che minaccia le istituzioni e, con esse, la convivenzach'esse devono assicurare.
3. Delegittimazione democratica delle istituzioni. La minaccia alla convivenza va di pari passo con l'indebolimento delle istituzioni, con la loro delegittimazio - *** ne . una storia che viene da lontano, che si ripete ogni volta, con l'affermarsi nella pratica e nel senso comune diun ideadipolitica come iininedesimazione di un capo nel suopopolo ( vogllo essere uno come voi ) e di un popolo nel suo capo ( vogliamo essere come te ). Quest'immedesimazione ha assunto nella storia molte forme e molti nomi: democrazia plebiscitaria, demagogia, cesarismo, bonapartismo, peronismo, ecc. Altre forme e altri nomi assume oggie assumeràinfuturo, in conseguenza dei mezzi tecnici di quell immedesirnazione. In ogni caso, per , chi governa immedesimandosi nel popolo sale sul popoio e da lì gu ardatutto dall'alt 0 in basso, non concupundo che possano esistere limiti e controlli. In nome di che, del resto? Di qualche giudice o giurista parruc - cone che non rappresenta che se stesso? Lapolitica come iminedesimazione o identitaria non ha bisogno d'istituzioni; le sono d'impaccio, anzi nemiche. Esse non possono che raffreddare un rapporto che si vuole invece caldo, tra capo e corpo, leader e seguaci. Nascono movimenti, simboli, inni, inotti e frasi fatte, eventi e opere, ricorrenze, spettacoli, esempi, che celebrano e rafforzano quclrapporto e quellavicinanza, facendo appello indifferentemente, secondo che occorra, a nobili slanci altruistici o gretti sentimenti egoistici; ora adulando supposte virt patriottiche, ora stuzzicando nascosti impulsi volgari. Si tratta di rappresentare il paese reale per impiantarvi una cosa che viene chiamata democrazia, anzi vera deinocrazia , in contrapposizione a quella falsa , formale , vuota , cioè quella mediata dalle istituzioni.
Noi assistiamo a questo processo. In nome della vera democrazia (posso fare quello che vo- glio perché ho il popolo dalla mia parte: vero a falso che sia), le istituzioni che non si adeguano sono indicate come nemiche. Non s'immagina neppure che possano fare onestamente il loro dovere che non è di tenere bordone a questo o quello ma, per esempio, di applicare la legge cdi difendere la Costituzione oppure, perle istituzioni dell'informazione, semplicemente di pubblicare notizie. Devono essere necessariamente alleate del nemico. Se il potere è di destra , le si accuserà d'essere di sinistra . Se maiilpotere fosse di sinistra, la stessa concezione della democrazia le farebbe accusare d'essere di destra . Ma le istituzioni della democrazia pur esistono e non è pensabile di climinarle, afavorediunademagogia pura e semplice. Bisogna pur salvare le forme, anche per non essere banditi dal consorzio delle nazioni civili. Allora, via alle intinudazioni o ed è lo stesso alle seduzioni e, se non basta, via alle riforme per ridurre l'autonomia e l'indipendenza delle istituzioni non allineate. Così, si cambia regime dall'interno, lasciando l'involucro ma svuotato della sostanza. Così è per il governo, darendere obbediente al primnus inter pares , per il Parlamento, da ridurre a esecutore passivo del governo; del presidente della Repubblica, per l'intanto da rendere inquilino remissivo, perché non eletto dal popolo (una coabitazione impari, in attesa del presidenzialismo); della Corte costituzionale e della magistratura, da riformare per toglierle dalla sfera del diritto e spostarle in quella della (subordinazione) politica.
4. Tra l'incudine e il martello. La costituzione, da luogo della pacificazione, è c( )5Ì diventata terreno di scontro, lo scontro, per definizione, pi distruttivo che possa imnmaginarsi. Chi assiste con sgomento al volgere degli eventi e ai segniprernonitori ch'essi contengono resta sorpreso nelnon veder sorgere una forza che, mettendo momentaneamente daparte le legittime diversità di posizione sui tanti e pur urgenti problemi del Paese, non si ponga responsabilmente, come compito prioritario e condizionante tutto il resto, quello di uscire dalla morsa che si sta chiudendo. In quelli che potrebbero, sembramnancarelaconsapevolezza o abbondare l'indifferenza. Occorre ben altro che la rituale solidarietà alle persone chericopronofunzionimessesotto tiro. Non basta l'invito alrispetto del galateo. Scadenze importanti incombono. Nel 2011 dovrebbe celebrarsi l'unità nazionale, cioè le istituzioni dell'unità. Che cosa troveremo, di questo passo, quando ci arriveremo?
Quando due fazioni si affrontano con rischio generale, per coloro che avvertono la propria responsabilità autenticamente politica quello è il tempo di mettere provvisoriamente da parte ci su cui ordinariamente sarebbero portati a dividersi, e di operare insieme nell'interesse superiore alla pace. La nostra è una repubblica parlamentare. Non è, almeno per ora, un regime d'investitura popolare d'un sol uomo. Per quanto si sostenga il contrario, scambiando il desiderio perundiritto acquisito, sono le forze politiche rappresentate in Parlamente a disporre legittimamente del potere di coalizione, per fare cdisfare governi, secondo necessità. Un potere al quale, in un momento come questo, corrisponde una grande responsabilità.